domenica 4 gennaio 2009

Il dilettantismo che salva la musica

Vorrei in questo post discutere di un aspetto della vita musicale presente massivamente in Germania e quasi completamente assente in Italia. Mi riferisco al dilettantismo musicale.
Per dilettantismo mi riferisco esclusivamente al lato positivo del termine, prendendo in considerazione coloro i quali eseguono musica, strumentale e/o vocale, i quali non hanno ottenuto alcun titolo accademico, né frequentato scuole equivalenti ai conservatori. Si tratta quindi di persone che hanno imparato a suonare uno o più strumenti nell'ambito della scuola dell'obbligo, o presso qualche scuola di musica (al di fuori della cerchia accademica), o presso insegnanti privati, o magari anche soltanto in un ambito familiare.
Qual'è lo scopo di imparare a suonare se poi non porta a nulla di concreto nella vita? Non c'è in realtà alcuno scopo, se non quello di suonare per il piacere di suonare e di ascoltare musica prodotta da se stessi. Ma soprattutto lo scopo è anche quello di suonare insieme ad altri, fondamentalmente musica da camera. In questo modo già da giovani ci si avvicina, anche se non da professionisti, ad una delle più alte produzioni musicali, quella da camera.
Ovviamente il risultato musicale non potrà mai essere paragonabile a quello che viene propinato al pubblico attraverso incisioni discografiche perfette. Ma questo non importa, perché il piacere di suonare e di sentire ciò che si suona non avrà mai altri eguali in un ascolto casalingo di un freddo CD.
I musicisti dilettanti molto spesso riescono anche a creare anche delle vere e proprie orchestre sinfoniche. Per esempio, quasi ogni università in Germania dispone di una propria orchestra composta quasi esclusivamente da studenti, i quali sono per il 99% dilettanti in fatto di musica. Eppure questa loro condizione non li priva della disciplina ed abnegazione necessari per riuscire a preparare programmi degni di qualsiasi orchestra professionale. Le esibizioni, per la maggior parte dei casi, sono di buon livello, richiamano un vasto pubblico e avvengono nelle normali sale da concerto, sedi delle più importanti orchestre della nazione.
Ciò significa che anche il mondo musicale istituzionalizzato comprende l'importanza del fenomeno del dilettantismo, che in realtà è molto antico (la produzione cameristica nasce proprio per far fronte all'esigenza di creare un passatempo musicale per la nascente classe borghese, musicalmente non professionista, nella prima metà del XVIII secolo), e anzi lo sponsorizza di fatto. E' ovvio infatti che i dilettanti affolleranno molto più volentieri e più massivamente i concerti e le esibizioni delle orchestre professioniste, generando un ritorno anche economico non indifferente nelle istituzioni musicali.

Per cercare di chiarire quanto su descritto con un esempio, riporto qui di seguito il trailer di un film-documentario sulla Leipziger Universitätsorchester (Orchestra dell'Università di Lipsia), composta quasi esclusivamente da studenti universitari, senza titoli musicali accademici. Il film, il cui titolo è “Bis zum letzten Moment” (in italiano potrebbe tradursi in “Fino all'ultimo momento”), è stato girato durante il semestre estivo del 2006 e distribuito in Germania nel 2008.


domenica 20 aprile 2008

Ligeti e Mahler in concerto

Concerto molto intenso quello eseguito lo scorso giovedì alla Großesaal della Gewandhaus di Lipsia dalla stessa orchestra della Gewandhaus. Il programma d’altra parte era di tutto rispetto:

György Ligeti (1923-2006) – Concerto per Violino e Orchestra
Gustav Mahler (1860-1911) – Sinfonia n.4 in Sol maggiore

Direttore: Jonathan Nott
Violino: Christian Tetzlaff
Soprano: Simone Nold

Il concerto per violino del compositore ungherese György Ligeti, composto in due fasi tra il 1984 e il 1992, fu rappresentato nella completa struttura di 5 movimenti per la prima volta l’8 ottobre del 1992 ad Amburgo. Il solista, Sascho Gawriloff cui il concerto è dedicato, ricevette la parte solo pochi giorni prima del concerto, ma malgrado ciò l’esecuzione fu un successo, e lo stetto Gawriloff si espresse in questi termini: “Con il concerto per violino di Ligeti abbiamo rappresentato un capolavoro della letteratura musicale, un capolavoro che con i suoi cinque movimenti, così differenti tra loro per la fattura e contenuto, non è paragonabile ad altra composizione musicale contemporanea”.
Il brano è scritto per un organico abbastanza ridotto, 22 strumenti in totale, tra i quali compaiono 11 archi, di cui un violino e una viola “con scordatura” (mezzo tono sopra il violino e mezzo tono sotto la viola) e 2 ocarine.
Pur confezionato in una struttura che si vuole rifare al passato, denominando i cinque tempi del concerto Preludium, Aria-Hoquetus-Choral, Intermezzo, Passacaglia, Affettuoso, e inserendo proprio nell’ultimo movimento una cadenza per lo strumento solista, la ricerca di nuove sonorità, soprattutto naturali, e di un nuovo linguaggio è sempre inesausta. La tensione non viene mai meno in questo capolavoro, grazie anche all’interpretazione del bravo Tetzlaff e dell’orchestra, estremamente concentrata nello sforzo interpretativo.
Il concerto per violino dimostra ancora una volta la grandezza artistica di uno dei più profondi geni musicali del nostro secolo, e forse dell’intera storia della musica. La sua idea del rapporto che deve sussistere tra tradizione e modernità: “Ogni artista deve riuscire a fare qualcosa di nuovo, riprendere quanto già fatto dagli antichi lo ridurrebbe ad essere un epigono. Ciò però non significa che si deve rompere completamente con essi. Per questo i miei cosiddetti pezzi avanguardistici come Aventures e Atmosphéres non sono meno tradizionalistici o più moderni dei miei Studi per pianoforte.”
Il bravo Tetzlaff, a conclusione della sua prestazione, e su richiesta del pubblico, ha concesso un bis, che purtroppo ha lasciato una macchia sulla sua valutazione. Ha eseguito l’Allegro assai dalla terza sonata per violino solo di Bach, ma purtroppo non ha saputo rendere un omaggio degno al grande Kantor. Troppo irruento, troppe note sfuggite, non ha saputo rendere bene la struttura armonica e anche la struttura architettonica del brano ne ha risentito, rifiutando di eseguire i ritornelli. Peccato!

La seconda parte del concerto è stata completamente dedicata alla 4. Sinfonia di Mahler. Composta tra il 1899 e il 1901, questa sinfonia è anche detta “dei bambini”. Il quarto movimento è un Lied, per soprano e orchestra, il cui testo è “Das himmlische Leben” (la vita nei cieli), tratto dalla raccolta “Des Knaben Wunderhorn” (il corno magico del fanciullo), fonte ininterrotta di ispirazione per i Lied composti da Mahler.
Non starò qui a dilungarmi sull’analisi della sinfonia in questione, di cui la letteratura musicale è ricca. Mi soffermerò invece sull’interpretazione datane da Nott.
Nott ha sicuramente grande padronanza della partitura, prova ne sia la sua direzione a memoria, e ha avuto un grande supporto da parte dell’eccezionale orchestra che si trovava davanti. La dinamica, i giochi di attesa di cui tale brano è ricco, la perfezione dell’intonazione e la cura dell’insieme sono aspetti del tutto scontati quando si ha a che fare con orchestre come quella della Gewandhaus.
Malgrado questo, però, la sinfonia non è riuscita a decollare, non ha avuto quello slancio necessario per poter rimanere impressa tra il pubblico. Probabilmente anche lo spessore della sinfonia in questione, a mio modesto modo di vedere meno ispirata rispetto ad altre sinfonie di Mahler, non ha aiutato. Forse non ha aiutato neanche il ricordo dell’esecuizone del capolavoro di Ligeti, ancora presente presso il pubblico. Ma più probabilmente la performance di Nott non ha saputo infondere quello spirito vitale sulla partitura, non ha saputo cogliere i contrasti così netti e tipici in Mahler, sempre in bilico tra sublime e triviale. Purtroppo mi accorgo sempre di più che i direttori d’orchestra, soprattutto i giovani, si avvicinano al Mahler direttore d’orchestra, prima ancora che al compositore, sopravvalutando nelle sue opere troppo la tecnica e il fenomeno demiugico. E spesso purtroppo la Musica ne fa le spese.
Molto interessante la voce di Simone Nold, calda e "viennese".

La conclusione del concerto è, come al solito, sugellata in orchestra dalle strette di mano tra i vicini di leggio, congratulandosi vicendevolmente per la performance. E loro ne hanno ben diritto.


G. Ligeti - Studio per pianoforte n.13 "La scala del diavolo"

venerdì 18 aprile 2008

La forma della musica

La forma artistica è il perimetro, geometrico o meno, all’interno del quale si manifesta il pensiero e il messaggio che l’artista vuole esprimere.
Riconoscere la forma che racchiude un’opera d’arte è la prima azione che ciascuno di noi compie quando ne viene a contatto. E’ immediato capire che stiamo guardando un quadro, o che stiamo ammirando l’architettura di una chiesa, o che stiamo sfogliando le pagine di un romanzo o che stiamo leggendo un sonetto.
Questa immediatezza manca nel momento in cui veniamo a contatto con un brano musicale, eppure la forma musicale è uno degli elementi caratterizzanti l’opera stessa, insieme all’armonia e al contrappunto che in essa si sviluppano.
Una delle forme musicali più importanti della musica, attraverso cui si è espressa una parte enorme del pensiero musicale per circa due secoli, a partire dalla seconda metà del ‘700 determinandone la nascita del cosiddetto classicismo, fino alla prima metà del secolo appena trascorso, è la Forma Sonata, e di questo voglio discutere adesso.
La forma sonata è la forma nella quale sono racchiusi quasi tutti i primi movimenti delle sinfonie, dei quartetti e musica da camera in generale (quindi anche delle sonate per strumento solo, o accompagnato), dei concerti composti nel periodo su citato. Molto spesso la stessa forma ritorna anche nell’ultimo movimento di tali brani.
La struttura della forma sonata è tripartita (composta di 3 sezioni) e bitematica (i temi che vengono esposti nel brano sono due). Più in dettaglio, le tre sezioni sono le seguenti:

  1. Esposizione: nella prima sezione vengono esposti i due temi. Il primo tema viene presentato nella tonalità di impianto del brano (se il brano è in Do maggiore, il primo tema è in Do maggiore), come affermazione della tonalità.Dal primo tema, attraverso una breve modulazione, si arriva all’enunciazione del secondo tema, il quale sarà ad una tonalità vicina a quella del primo tema. In genere il secondo tema sarà alla dominante se il primo tema era in maggiore (es. Sol maggiore se il primo tema era in Do maggiore) o alla relativa maggiore se il primo tema era in minore (es. Mi bemolle maggiore se il primo tema era in Do minore).Molto spesso, particolarmente agli inizi della vita di questa forma, la parte dell’esposizione viene ripetuta.Attraverso una coda di collegamento si arriva quindi alla seconda sezione.
  2. Sviluppo: nella seconda sezione vengono a scontrarsi i due temi dell’esposizione, o parti di essi, che interagiscono nelle modalità scelte dall’autore. E’, come dire, la parte libera della composizione, e che quindi sempre più grande importaza rivestirà man mano che la forma si evolverà con il tempo e con il sopraggiungere del romanticismo musicale.Mediante un ponte di collegamento, giungeremo infine alla terza sezione.
  3. Ripresa: qui vengono riesposti nuvamente i due temi proprio come nell’esposizione, ma con l’unica differenza che il secondo tema sarà anch’esso alla tonica, cioè nella tonalità di impianto del brano, e quindi nella stessa tonalità del primo tema.Il brano viene portato a termine infine con una coda conclusiva.

Sovente i compositori fanno anticipare l’esposizione da una parte introduttiva, generalmente lenta, per creare una sorta di attesa agli ascoltatori per ciò che sarà il primo tema, contrastante con tale introduzione.
Per chiarire quanto su esposto, proviamo a descrivere tale struttura attraverso il primo movimento della sinfonia n.39 K.543 di W. A. Mozart in Mi bemolle maggiore.



Dopo un’introduzione lenta (Adagio), al minuto 2’36’’ inizia l’esposizione (Allegro), subito con il primo tema, ovviamente in Mi bemolle maggiore. Al minuto 4’07’’ sopraggiunge il secondo tema, alla dominante cioè in Si bemolle maggiore. Occorre notare i caratteri diversi dei due temi, che sarà una sorte di costante in tutta l’evoluzione della forma sonata. I temi sono discordanti non solo per tonalità, ma anche per caratteristiche timbriche, caratteriali. Più affermativo il primo tema, più interrogativo e sinuoso il secondo. La differenza di carattere dei due temi porterà poi alla disgregazione dell’unità del tutto nella stessa forma, cosa che capì benissimo Beethoven soprattutto con il primo tempo della sonata n.23 per pianoforte op. 57 (nota come Appassionata).
Una coda ci porta alla conclusione dell’esposizione e all’inizio della successiva sezione, lo sviluppo (minuto 5’10’’). Da notare come i due temi si sovrappongono, prima frammenti del pimo, poi del secondo, in tonalità diverse, e con continue modulazioni, incrementandone la dinamica, il contrasto. E’ una vera e propria drammatizzazione della lotta di due giganti, cioè dei due temi.
Ma ad un tratto i legni intervengono per riportare una luce di serenità sul brano, aprendo le porte alla ripresa (minuto 5’59’’), che ripropone subito il primo tema, e poi a seguire il secondo, questa volta però alla tonica, cioè in Mi bemolle maggiore (7’30’’). Infine, una piccola coda conclusiva (8’27’’) per affermare ancora una volta la tonalità di impianto del brano, in Mi bemolle maggiore.
Questa la descrizione della forma sonata. Cercherò in un prossimo post di discutere dei punti deboli di tale struttura formale, che sono stati poi quelli che ne hanno portato alla crisi sotto i colpi di piccone di Beethoven, avendo sullo sfondo la Fenomenologia dello Spirito di Hegel.

Perchè questo blog

L’obiettivo che mi pongo con questo blog è quello di discutere di musica, soprattutto nei suoi aspetti estetico-filosofici, sociologici, analitici, storico-culturali, ad un livello possibilmente divulgativo.L’esigenza nasce dalla constatazione che molto spesso in Italia questi aspetti sono messi molto da parte in quanto si ritiene la musica, in quanto forma d’arte, molto o quasi del tutto incomprensibile.
Tale incomprensione, che cresce a dismisura verso la musica moderna e contemporanea (già Schönberg, morto poco più di 50 anni fa, risulta inudibile ai più), è dovuta ad una carenza di cultura musicale di cui la società italiana soffre a causa di un sistema scolastico che da circa un secolo ne ha fortemente snobbato l’esistenza. Situazione assurda, visto che l’Italia è stata la vera e propria culla dello sviluppo culturale della musica occidentale.
Non sto portando avanti naturalmente nessun tentativo velleitario di cercare di migliorare la situazione desolante della musica in Italia attraverso questo blog, attraverso una critica feroce della società. Non sarebbe questo nè il luogo adatto, nè io la persona più indicata. Ciò che vorrei invece ottenere, è creare uno spazio all’interno del quale gli appassionati di musica e tutti quelli che possano trovare anche un piccolo spunto di interesse da un singolo post, possano avere la possibilità di discutere, confrontarsi, scambiarsi opinioni sui temi che ho esposto, e su tutti quelli inerenti ad essi che con l’andare del tempo si presenteranno. Per cui qualsiasi vostro contrbuto risulterà estremamente prezioso.
La mia passione per la musica mi ha portato a trasferirmi a Lipsia, che da più di un anno è ormai la mia città. Da questo osservatorio musicalmente estremamente ricco e stimolante (Lipsia è la città di Bach, e dove ogni anno viene organizzato il Bachfest, con centinaia di concerti e convegni, è la città del Thomanerchor di cui Bach stesso fu per 27 anni Kantor, di Mendelssohn, di Schumann, di Wagner, di Reger, è la città dove ha sede l’orchestra della Gewandhaus, una delle migliori al mondo, nonchè di molte altre grandi, medie e piccole orchestre), avrò anche l’opportunità di utilizzare questo blog per scrivere recensioni ai concerti cui assisto regolarmente.